Regia di Matteo Garrone Soggetto e sceneggiatura di Matteo Garrone, Massimo Ceccherini, Chiara Leonardi, Nicola Di Robilant, Massimo Gaudioso, Andrea Tagliaferri Fotografia di Paolo Carnera Musica di Andrea Farri Montaggio di Marco Spoletini Interpreti: Seydou Sarr (Seydou), Moustapha Fall (Moussa), Bamar Kane (Bouba), Didier Njikam (le passeur) Produzione: Italia, Francia, Belgio / Uscita nelle sale italiane: 2023 Genere: drammatico Durata: 121’
Trama Seydou e Moussa sono due adolescenti in fuga dal Senegal verso l’Europa: sognano di fare fortuna e diventare famosi come cantanti rap. La loro fuga si trasforma in un’odissea attraverso le sabbie del Sahara e l’inferno della Libia: dopo peripezie drammatiche in cui i due ragazzi rischiano la morte, riescono a imbarcarsi per l’Europa, ma a loro rischio e pericolo: Moussa deve essere operato perché è stato ferito gravemente alle gambe, mentre Seydou sarà costretto a pilotare una malandata imbarcazione carica di migranti se vuole mettere in salvo sé stesso e il cugino.
«Mio padre raccontava sempre che in Italia, in Piemonte, c’era un paese chiamato Ughettera, dove tutti gli bitanti si chiamavano Ughetto, come noi. Quando mio padre morì, decisi di andare a controllare. Era vero: UGHETTERA, la terra degli Ughetto! La mia ricerca iniziò quel giorno di nove anni fa e, con essa, ebbe inizio anche la storia di questo film. Dietro al mio nome ho trovato una storia: la cronaca di una famiglia originaria del Piemonte. Ho sviluppato questa storia ispirandomi alla realtà, cercando nei miei ricordi, poi in quelli delle mie cugine e cugini, dei miei fratelli e sorelle. Guerre e migrazioni, nascite e morti… e il racconto ha preso vita. » ALAIN UGHETTO, regista del film
CREDITS Genere Film animazione Regia Alain Ughetto (marsigliese di origine italiana) Paese di produzione Francia, Italia, Svizzera, Belgio, Portogallo Anno 2022 Anno di ambientazione inizio '900 Produzione Les Films du Tambour de Soie, Vivement Lundi!, Foliascope, Graffiti Film, Lux Fugit Film, Nadasdy Film, Ocidental Filmes
Musica Nicola Piovani Premi Festival Internazionale del Film d’Animazione di Annecy 2022: Premio della giuria per miglior lungometraggio
Tra i credits compare una fonte importante del film: Il mondo dei vinti (Einaudi, 1977) di Nuto Revelli.
Piemonte, inizi del ‘900. La famiglia Ughetto vive nel paese di Ughettera, un villaggio tra le montagne ai piedi del Monviso. Un giorno Luigi Ughetto attraversa le Alpi per iniziare una nuova vita in Francia, insieme a sua moglie Cesira e ai loro figli, cambiando per sempre il destino della famiglia.
Nonostante la pandemia e poi l’invasione dell’Ucraina l'abbiano brutalmente rimossa dall’agenda dei media (almeno fino a quando i prezzi delle materie prime non sono quadruplicati…), in un periodo in cui essa stava raggiungendo una ribalta generale, la sensibilità nei confronti delle questioni ambientali e la preoccupazione rispetto allo stato del pianeta non è venuta meno nelle nuove generazioni, che spesso vivono con frustrazione l'apparente diminuzione di interesse generale verso un tema che la maggior parte di loro sente cruciale per il futuro. La formazione “scientifica” di base su questi argomenti non si può definire carente presso i ragazzi. Surriscaldamento da effetto serra, inquinamento da plastica, perdita della biodiversità, ecosistemi minacciati… sono argomenti ormai noti a tutti loro; diversa è la situazione quando dagli argomenti ambientali si passa ad analizzare i discorsi dell’immaginario ambientale. Così come per molto tempo è esistita una retorica politica e informativa volta a minimizzare gli effetti dei cambiamenti climatici e soprattutto l'idea che fosse possibile per gli uomini influire su di essi, allo stesso modo si è imposta nell’ ultimo ventennio una nuova retorica da block buster che tende a drammatizzare lo stato di cose per motivi di puro intrattenimento, vuoi pronunciando condanne senza appello verso stili di vita comunque a tutti familiari (il cui cambiamento dovrebbe quindi essere al centro di una radicale agenda socio-politica), vuoi profetizzando esiti tanto catastrofici quanto prossimi. Questo tipo di storytelling parte dal presupposto che il peggio sia già accaduto o non sia comunque evitabile, che in qualche modo dobbiamo imparare a convivere con l’idea di esso e si tratti ora semplicemente di sopravvivere. Un tipo di discorso "interessato", in cui la nostra crescente passione per le distopie si intreccia con una foglia di fico politically correct, volta non tanto a promuovere un qualche tipo di sensibilità, quanto piuttosto a produrre industrialmente (sfruttando congiuntamente l’attenzione genuina per le tematiche ambientali e la passione spettatoriale per la distopia) banali teen drama, survival e action movies spettacolari, in un canovaccio in cui la contestualizzazione dei problemi è scomparsa e la criticità ambientale è un mero sfondo narrativo per intrecci convenzionali e contenuti nel migliore dei casi annacquati.
In questo corso proporremo invece quelle che ci paiono opere genuinamente “dalla parte dell’ambiente” che possono spaziare da Wall E a Genesis 2.0 , da La Principessa Mononoke a Antropocene, da 2022 i sopravvissuti a Snowpiercer, da Nanuk l'eschimese a Alcarràs-L'ultimo raccolto, mettendole a confronto con altre in cui il canovaccio “eco-friendly” è solo una struttura pretestuosa quanto facile su cui innestare prodotti di mero intrattenimento che, più che diffondere la sensibilità ambientale, se ne approfittano.
Il corso, che può andare, dalle 5 alle 8 ore, incrocia principalmente gli ambiti dell'educazione civica, dell'educazione ai media e della lettura (molto spesso le distopie filmiche sono tratte da distopie letterarie).
L'attività è preceduta dalla somministrazione di un questionario per valutare le competenze generali del gruppo classe sulle tematiche ambientali
Media audiovisivi e propaganda nel secolo breve
L’avvento del cinema nel mondo della comunicazione del XX secolo segna una cesura fortissima rispetto al passato prossimo, inaugurando quella che è stata variamente chiamata civiltà delle immagini, iconosfera, società dello spettacolo; con riferimento al fatto che il vedere, non più il leggere, diventa progressivamente la nostra principale modalità per acquisire informazioni su ciò di cui non possiamo avere esperienza diretta.
Il cinema produce più di ogni altra forma di espressione umana precedente quello che Roland Barthes ha chiamato “effetto di reale”, dando a chi lo guarda l’illusione che nelle cose rappresentate, per il solo fatto di essere state filmate, risieda una quantità di “verità” superiore a quella di qualsiasi altra forma di comunicazione/rappresentazione. Per queste ragioni, il cinema inizia quasi da subito (cioè da quando i progressi tecnici gliene dischiudono la possibilità) a “rappresentare” il presente e contemporaneamente a reinventare o rendere visibile il passato.
Questa sua efficacia nel mettere in scena rappresentazioni credibili e di facile fruizione e comprensione unita alla capacità delle immagini in movimento di raggiungere quello che Walter Benjamin - nel celebre saggio “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” – chiamò il nostro inconscio ottico - cioè uno stato di ricezione fluttuante non mediato dai filtri coscienti, attirò molto presto l’interesse della politica e in particolare dei totalitarismi, che più delle democrazie mature europee sentivano il bisogno di legittimare il proprio potere e le loro ideologie, più o meno palesemente aberranti, agli occhi della collettività.
Per queste ragioni notiamo come l’attenzione dei regimi nei confronti della produzione cinematografica sia stata da subito molto forte e continua, sino al controllo maniacale esercitato da Stalin che pare visionasse personalmente tutti i film prodotti in Unione Sovietica prima di consentirne l’uscita.
“Il cinema è l’arte più importante per noi”, “la cinematografia è l’arma più forte”; queste due frasi così simili sono attribuite a due personalità antipodali, ideologicamente parlando, come Lenin e Mussolini, entrambe vicine nella necessità di produrre e creare consenso attraverso la persuasione, ancor prima e indipendentemente dall'affettiva convinzione della popolazione. Altrettanto interesse susciterà il cinema per Hitler e per il nazismo, che ne faranno un uso capillare anche per instillare nei tedeschi la condivisione delle peggiori conseguenze della teoria razziale: eliminazione sistematica della diversità, eutanasia, eugenetica, selezione razziale.
A parte il caso dei totalitarismi, il cinema comunque (prima seguito e poi sostituito, anche in questo caso, non appena sarà tecnicamente possibile, dalla televisione) diviene sicuramente il più massivo ed emblematico strumento di propaganda del XX secolo, non certamente disdegnato dalle democrazie che praticano la propaganda cinematografica nella versione meno appariscente ma altrettanto illiberale della censura parziale o totale delle opere in circolazione piuttosto che della realizzazione diretta di opere arbitrarie e parziali che pure, in caso di guerra (calda o fredda che fosse), verranno abbondantemente realizzate.
Nel corso verranno analizzati alcuni momenti cruciali della propaganda cinematografica del XX secolo, dai rari momenti in cui essa, come nel caso dei grandi della cinematografia sovietica degli anni Venti, riuscì a coniugarsi con l’arte cinematografica, agli agghiaccianti documentari nazisti sugli ebrei, passando per le beceraggini dei cinegiornali fascisti senza trascurare la retorica del cinema bellico prodotto in ogni tempo dalle democrazie dell'Occidente.